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Deglutizione e Pedofagia

La deglutizione, atto all’apparenza semplice, è una complessa funzione che porta il bolo alimentare dall’esterno verso lo stomaco. Essa, che richiede la coordinazione della bocca, della faringe, della laringe e dell’esofago, è costituita da sette fasi; l’alterazione di una di esse porta ad una difficoltà nella deglutizione, chiamata “disfagia”. Nello specifico, in età evolutiva, si parla di “pedofagia”, che può essere suddivisa in due grandi gruppi:
  • Pedofagia di sviluppo: Fanno parte di questo tipo di pedofagia tutti i quadri in cui il paziente presenta devianze dovuto al mancato utilizzo delle strutture orali a fini alimentari, deglutizione deviata con permanenza di uno schema infantile all’interno di un quadro di non perfetto equilibrio tra i muscoli della bocca, o un’alterazione nello sviluppo della funzione nel percorso dalla nutrizione al seno verso la dieta di tipo adulto con masticazione e manipolazione di cibi complessi, comprendendo l’evoluzione delle abilità nella gestione delle diverse consistenze.
  • Pedofagia da alterato transito: In questo tipo di pedofagie il bambino riscontra difficoltà nella deglutizione per cause ostruttive, respiratorie, motorie o psichiatriche.
I due gruppi sono correlati: le pedofagie da alterato transito influenzano sempre lo sviluppo della deglutizione causando pedofagie di sviluppo, definibili secondarie.
Possono essere identificate più cause per la comparsa di disfagia in età evolutiva, in particolare possibile identificare i seguenti gruppi di disturbi scatenanti la pedofagia:
  • Malattie neurologiche (esempio: encefalopatie, tumori cerebrali, traumi cranici)
  • Disturbi comportamentali (come il rifiuto del cibo, fobie, ruminazione, ecc)
  • Malformazioni facciali (esempio: labiopalastoschisi)
  • Malattie gastrointestinali (come il reflusso gastroesofageo)
  • Disturbi respiratori (tracheotomia)
  • Malattie cardiache (difetti interventricolari)
  • Prematurità
 
Disturbi della deglutizione nei neonati prematuri
In un quadro di prematuranza, il bambino può essere sottoposto ad alimentazione tramite il sondino naso-gastrico, che ha come implicazioni negative il venir meno alle prime esperienze alimentari come scambio piacevole con la madre, l’assenza della naturale acquisizione del ciclo fame/sazietà, e l’alterazione delle funzioni orali con una maggiore sensibilità della bocca, una perdita della funzionalità del gusto e la difficoltà nell’acquisire un corretto schema deglutitorio. Tali difficoltà possono ritardare il passaggio all’alimentazione per bocca e il divezzamento, e procurare disturbi comportamentali nel futuro del bambino al momento dell’alimentazione (si veda oltre). Il logopedista, dopo aver effettuato una valutazione, informa e forma chi si occupa del bambino su come effettuare stimolazioni tramite l’utilizzo delle dita al fine di lavorare sulla suzione, sul piacere e il conforto nello scambio con l’adulto e avviarsi verso l’autonomia al pasto favorendo la maturazione del sistema.
 
Difficoltà nella deglutizione per alterato transito
Il bambino manifesta difficoltà in una o più fasi della deglutizione per patologie di ordine neurologico, respiratorio o malformativo.  La deglutizione può non innescarsi, innescarsi molto lentamente, e può non andare a buon fine; in questo tipo di disfagia può succedere che il bolo non continui il suo percorso verso l’esofago ma che scenda nella vie respiratorie. Il bambino può affaticarsi eccessivamente, e avere una deglutizione non adeguatamente efficace per ripulire la bocca. Le conseguenze di tali deficit possono riguardare un’alterazione nel peso del bambino, malnutrizione, disidratazione e lo sviluppo di una polmonite ab ingestis che può essere letale.  I campanelli di allarme, tali spesso da rendere il pasto un momento di stress per il bambino e chi lo accudisce, riguardano:
  • tosse dopo e durante i pasti
  • episodi di cianosi
  • gorgoglio nella voce e nel respiro, sensazione di raucedine o di voci velate o “bagnate” al momento del pasto o subito dopo
  • aumento del muco entro 60 minuti dal pasto
  • eccesiva salivazione
  • lieve febbre alla sera
  • pasti molto lunghi (oltre i 30 minuti)
  • totale dipendenza da altri al momento del pasto
  • stanchezza/assopimento o irrequietezza durante il pasto
  • presenza di vomito
L’inquadramento diagnostico nelle difficoltà legate al transito del bolo è eseguito dal medico otorinolaringoiatra o foniatra con esami strumentali, e da un inquadramento della funzione da parte del logopedista; le due figure daranno indicazioni sulla modalità di alimentazione più sicura. Il logopedista in seguito aiuterà il paziente e la sua famiglia nel training della funzione e/o nell’utilizzo di strategie (manovre e posture) di compenso.
Difficoltà nella deglutizione per disturbi comportamentali
Nelle pedofagie di origine comportamentale non risulta alterato il transito del cibo, ma l’alimentazione del bambino è limitata ad alcune consistenze e quantità.  I disturbi possono essere insiti nel bambino o causati da alterati rapporti con il caregiver. Le caratteristiche più comunemente riscontrate sono legate a:
  • rifiuto del cibo,
  • alimentazione selettiva per tipo o consistenza,
  • comportamenti d’ira ai pasti,
  • eccessiva durata dei pasti,
  • mancanza o eccesso di senso della sete ,
  • ruminazione e vomito
  • mancanza di piacere nel conoscere attraverso la bocca
  • rifiuto di utilizzare strumenti per alimentarsi (cucchiai, forchette)
  • alterazione della qualità della partecipazione alla vita sociale e scolastica
E’ possibile riconoscere diversi tipi di devianze che possono essere compresenti:
  • fobie: il bambino mostra paura persistenti (paura di deglutire, di avere fame, di oggetti viscidi e quindi di manipolare il cibo, di sporcarsi, o di assaggiare nuovi cibi);
  •  il disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo: Il rifiuto del cibo o la restrizione possono essere basate sulle caratteristiche organolettiche e sensoriali degli alimenti, come l’estrema sensibilità per l'aspetto, il colore, l'odore, consistenza, la temperatura, o il gusto; può manifestarsi come rifiuto o tolleranza di sole alcune marche di alimenti;
  •  disturbo della ruminazione, per cui il bambino rigurgita spesso;
  • Devianze dovute alla relazione con chi si prende cura del bambino (iperprotezione, poco coinvolgimento nella relazione, poca stimolazione)
  • Devianze per mancata pratica con ineducazione della bocca (bambini che non possono alimentarsi per bocca per lungo tempo)
  • Devianze ti tipo culturale, con una riduzione delle esperienze per il contesto in cui è stato immerso il bambino (riscontrabile, ad esempio, in adozioni internazionali).
Il logopedista, in équipe con psicologo e neuropsicomotricista, accoglierà la famiglia e il bambino per portarlo a un’accettazione del cibo per favorire l’autonomia e un più regolare sviluppo.
 
Deglutizione deviata
La deglutizione è una funzione che si evolve nel corso della vita di un individuo, insieme alle sue capacità cognitive e motorie generali. Già nell’utero il feto esegue deglutizioni di liquido amniotico, poi è presente la suzione del neonato con spinta linguale bassa, per poi gradualmente passare a una deglutizione di tipo adulto. Per lungo tempo si è usata la definizione “deglutizione atipica” per definire il mantenimento della deglutizione di tipo infantile, ad oggi è preferibile l’utilizzo del termine “deglutizione deviata” in un quadro di “squilibrio muscolare orofacciale” poiché, spesso, a questa dinamica è associata l’alterazione di altre funzioni (respirazione per via orale, malocclusione, alterata articolazione verbale). Tale tipo di deglutizione può avere diversi fattori scatenanti:
  • Succhiamento del pollice o della lingua;
  • Mordere lapis (lapisfagia)
  • Mangiare le unghie
  • Utilizzo prolungato di tettarelle e succhietti
  • Adenoidi eccessivamente gonfie
  • Respirazione tramite la bocca
  • Altro.
La deglutizione deviata può influire sulle caratteristiche estetiche dell’individuo principalmente facendo sporgere i denti superiori e rendendo poco o troppo toniche alcune aree del viso, può inoltre interferire col trattamento ortodontico procurando recidive una volta finita la terapia, e può provocare alterazioni nell’articolazione, nella postura, nella masticazione, e altro.
In età evolutiva, l’obiettivo del logopedista è di :
  • stabilire una nuova memoria neurologica per reimpostare nuove immagini motorie e favorire corretti movimenti;
  • Coadiuvare la terapia ortodontica, o correggere la funzione dopo di essa;
  • Promuovere una adeguata funzionalità muscolare, che ha risvolti anche estetici e posturali;
  • Eliminare i vizi orali;
  • Prevenire o correggere alterazioni nell’articolazione verbale.
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